Foto dalla serie Ognuno è perfetto

“Ognuno è perfetto”, la fiction che sfata i luoghi comuni sulla sindrome di Down

In prima serata (16, 17 e 23 dicembre) su Rai1 arriva la fiction che parla di una storia d’amore  e di un viaggio avventuroso. Ha un cast di giovani attori con la sindrome di Down. E riesce a raccontare la disabilità con onestà e senza pietismo. Oltre i luoghi comuni. Per Donna Moderna ne ha scritto Martina Fuga, responsabile Comunicazione CoorDown. Qui le sue riflessioni.

Ognuno è perfetto, la serie su Rai1, racconta la storia d’amore tra Rick e Tina. Lei è di origine albanese, è arrivata in Italia insieme alla madre con i documenti falsi e per questo viene rimpatriata. Per ritrovarla Rick e i suoi amici partono da Torino per un viaggio pieno di avventure e ostacoli attraverso Slovenia, Croazia, Albania. E “inseguiti” da Ivan, il padre di Rick, e Miriam, la datrice di lavoro di Rick (Edoardo Leo e Cristiana Capotondi), che vogliono riportarli a casa.

A rendere questa fiction straordinaria è il fatto che gli attori protagonisti (gli esordienti Gabriele Di Bello, Alice De Carlo, Aldo Arturo Pavesi, Matteo Dall’Armi e Valentina Venturin) abbiano la sindrome di Down e altre disabilità intellettive.

Sono mamma di una ragazza con la sindrome di Down, ho visto Ognuno è perfetto e sono convinta sia un passo importante per diffondere una vera cultura dell’accoglienza e del rispetto. Perché porta il pubblico della prima serata nel mondo della disabilità. E lo fa senza strizzare l’occhio agli spettatori, come spesso accade, ma con onestà, senza pietismo, offrendo uno sguardo sulla diversità ampio, sfatando falsi miti e pregiudizi.

Rick e Tina si innamorano sul luogo di lavoro e quando davanti al “dramma” della loro separazione gli amici decidono di partire gettando nel panico le famiglie, si trovano ad affrontare imprevisti, ostacoli e pericoli. Ma hanno anche l’occasione di mettere in discussione le proprie certezze e di mettersi alla prova. I protagonisti incontrano delle difficoltà, come quando accettano un passaggio da sconosciuti che si rivelano essere malintenzionati.

Fragilità e debolezze non vengono negate. Anzi, la serie mostra anche le strategie che consentono ai ragazzi con la sindrome di Down di superarle e valorizzare le proprie risorse: la casa di Rick, per esempio, è piena di cartelli che gli ricordano cosa deve fare. Si parla di lavoro e di quanto importante sia nella vita di questi giovani avere un ruolo nella società (c’è una scena in cui Rick dice con chiarezza: «Voglio un lavoro vero!»).

Si parla di genitorialità: la madre di Rick non è rappresentata secondo lo stereotipo di donna sacrificata in nome del figlio e provata dalla vita. Si parla anche di sesso, di matrimonio, della possibilità di una vita indipendente: argomenti per molti ancora tabù. I protagonisti sono molto diversi fra loro, a dispetto dei pregiudizi e delle basse aspettative che li dipingono tutti uguali e con le medesime caratteristiche. Emergono invece le personalità di ognuno. Non sono sempre allegri e contenti, come vengono considerati nell’immaginario comune. A volte, sono loro stessi ad avere pregiudizi (per esempio, quelli di Cristian verso i gay), a essere antipatici e persino politicamente scorretti. Come tutti.

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