La sindrome di Down è una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nel nucleo di ogni cellula: invece di 46 cromosomi, ne sono presenti 47, vi è cioè un cromosoma n. 21 in più. Da qui il termine Trisomia 21.
Il nome “sindrome di Down” deriva invece dal nome del dott. Langdon Down, che per primo nel 1866 la riconobbe e ne identificò le principali caratteristiche.
La sindrome comporta un handicap caratterizzato da un variabile grado di ritardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio del bambino.
Attualmente in Italia 1 bambino su 1.200 nasce con la sindrome di Down.
Si stima che oggi vivano in Italia circa 38.000 persone con sindrome di Down, di cui il 61% ha più di 25 anni.
Grazie allo sviluppo della medicina l’aspettativa di vita si è alzata ed è oggi di 62 anni; è destinata a crescere ancora in futuro.
Le anomalie cromosomiche nella sindrome di Down
Esistono tre tipi di anomalie cromosomiche* nella sindrome di Down, il loro effetto finale è comunque identico: nelle cellule dei vari organi i geni del cromosoma 21 sono in triplice dose. L’anomalia più frequente è la Trisomia 21 libera completa (95% dei casi): in tutte le cellule dell’organismo vi sono tre cromosomi 21 invece di due; ciò è dovuto al fatto che durante le meiosi delle cellule germinali la coppia dei 21 non si è disgiunta come avrebbe dovuto (90% dei casi durante la meiosi della cellula uovo materna, 10% durante la meiosi degli spermatozoi paterni). Più raramente si riscontra la Trisomia 21 libera in mosaicismo (2% dei casi): nell’organismo della persona con la sindrome sono presenti sia cellule normali con 46 cromosomi che cellule con 47 cromosomi (la non disgiunzione della coppia 21 in questo caso si è verificata alle prime divisioni della cellula uovo fecondata). Infine, il terzo tipo di anomalia, anch’essa rara, è la Trisomia 21 da traslocazione (3% dei casi): il cromosoma 21 in più (o meglio una parte di esso, almeno il segmento terminale) è attaccato ad un altro cromosoma di solito il numero 14, 21, o 22.
*Genetico non vuol dire ereditario, infatti nel 98% dei casi la sindrome di Down non è ereditaria.
Quali sono le cause della sindrome di Down?
Non conosciamo le cause che determinano le alterazioni cromosomiche, compresa la sindrome di Down. Numerose indagini epidemiologiche hanno però messo in evidenza che l’incidenza della sindrome di Down aumenta con l’aumentare dell’età materna:
Età Materna | Incidenza |
---|---|
inferiore a 30 anni | 1 su 1500 |
30-34 anni | 1 su 580 |
35-39 anni | 1 su 280 |
40-44 anni | 1 su 70 |
oltre 45 anni | 1 su 38 |
L’altro fattore di rischio dimostrato è avere avuto un precedente figlio con la sindrome.
Come viene diagnosticata
La sindrome di Down può essere diagnosticata anche prima della nascita intorno alla 16a-18a settimana di gestazione con l’amniocentesi (prelievo con una siringa di una piccola quantità del liquido amniotico, che avvolge il feto all’interno dell’utero) o tra la 12a e la 13a settimana con la villocentesi, che viene svolto meno comunemente e che consiste in un prelievo di cellule da cui si svilupperà la placenta, i villi coriali appunto. Queste analisi vengono proposte di solito alle donne considerate a rischio (età superiore ai 37 anni o con un precedente figlio con sindrome di Down) e fatte senza ricovero in alcuni centri particolarmente attrezzati. Sono allo studio nuove tecniche di prelievo, o di cattura, delle cellule fetali nel sangue materno o nella vagina che dovrebbero essere meno invasive e più sicure delle attuali. Il Tri-test è un esame del sangue materno eseguito tra la 15a e la 20a settimana di età gestazionale per dosare tre sostanze particolari (alfa-fetoproteina, estriolo non coniugato e frazione beta della gonadotropina corionica). L’elaborazione statistica dei livelli ematici di queste tre sostanze, combinata con l’eventualità di sindrome di Down legato all’età della donna, fornisce una risposta che indica la stima della probabilità che il feto abbia una Trisomia 21 oppure no. Pe questo il l tri-test non ha alcun valore diagnostico.